Natura, sport e benessere - Mille e un tesoro intorno all’aeroporto di Brindisi

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POIn Programma Operativo Interregionale (FESR) 2007 – 2013 “Attrattori culturali, naturali e turismo”. Asse II - Linea di intervento II.2.1- CONVENZIONE per la realizzazione di un intervento nell’ambito del progetto “Promozione, promo-commercializzazione e sensibilizzazione di aree di attrazione culturale delle regioni convergenza anche con vie di accesso aeroportuali minori” - CUP F82C15000230002 - CIG 6400438087

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Natura, sport, benessere. Mille e un tesoro intorno all’aeroporto di Brindisi. Questo nuovo itinerario è stato provato con successo da un gruppo di giornalisti nazionali, ospiti di un educational della Regione Puglia, Ufficio Promozione finanziato dal Ministero per i Beni Culturali e le Attività turistiche con i fondi Poin.

Il nostro viaggio inizia dalla Palazzina del Belvedere a Brindisi, ai piedi delle colonne romane che delimitavano la fine della via Appia, dove si possono ammirare i reperti delle civiltà che si sono succedute a Brindisi dalla preistoria all’Impero romano. Bellissimi i vasi attici e messapici come la tipica trozzella, il vaso con le due anse unico nell’arte antica, che le donne usavano per attingere l’acqua dalle cisterne. Tappa irrinunciabile è Palazzo Nervegna, sede di rappresentanza del Comune di Brindisi, dove si conserva il capitello originale che sormontava la colonna della via Appia. La seconda colonna venne donata a Lecce. E ora regge in piazza sant’Oronzo, la statua del Santo che salvò i fedeli dalla peste.

 “La mia città è ricca di storia e cultura”, racconta Anna Cinti, guida ufficiale del Comune di Brindisi. “Ogni via racconta il suo passato: ci si imbatte in siti archeologici e chiese romaniche. Bellissima è tra tutte la Chiesa di San Giovanni al Sepolcro, dove i Crociati trascorrevano le notti in preghiera prima di imbarcarsi per la Terra Santa. Il nome di Brindisi deriva da Bronte che vuol dire cervo: sembrano infatti due corna di cervo le due anse naturali che si incuneano nella terraferma. Inoltre, di recente sta prendendo piede anche la tesi secondo cui il verbo brindare proviene proprio da Brindisi per ricordare le feste con tanto vino, che organizzavano i Crociati a Brindisi prima di affrontare la Guerra in Terra Santa”.

Racconta l’archeologo Antonio Marra: “Tutta la storia di Brindisi ruota intorno al suo porto,  che è stato al centro di importanti avvenimenti: sulle sue sponde sorse il primo villaggio miceneo, poi è stato teatro dello scontro tra Cesare e Pompeo per il dominio di Roma. Infine ha visto il passaggio dei crociati. Ma il porto è stato anche un’importante base per il commercio. Tra il 1884 e il 1914 partivano da qui le navi della Valigia delle Indie, che avevano abbandonato Marsiglia, a favore di Brindisi perché impiegavano cinque giorni in meno per arrivare a Bombay”.

LA RISERVA DI TORRE GUACETO. Poco più a nord di Brindisi si può fare una passeggiata tra gli ulivi secolari nella riserva naturale di Torre Guaceto, simbolo di tutta la Puglia. Sono secolari e monumentali. Le loro forme invitano ad immaginare figure fantastiche come l’ulivo ad arco che sembra avere piedi da elefante. La riserva si affaccia sul mare dove si estende una vasta area marina protetta dominata da una romantica torre di guardia, voluta da Caro V per difendere le coste pugliesi dagli attacchi dei Saraceni dopo la presa di Otranto, avvenuta nel 1480.

Dice il presidente della Riserva, Vincenzo Epifani. “Il nostro modello di sviluppo mira a salvaguardare sempre di più l’ecosostenibilità: estendere le zone A, aprire sempre di più la riserva alle famiglie e ai bambini perché ne scoprano il valore e comprendano l’importanza della bio diversità. La riserva di Torre Guaceto è il valore aggiunto, di cui beneficia tutto il territorio”.

“Qui”, dice Mario Di Latte, referente della comunità dei produttori agricoli, “si produce il pomodoro bio fiaschetto, divenuto presidio slow food, e l’olio extravergine di oliva Oro del Parco, molto apprezzati e quotati sui mercati nazionali ed esteri. I 7 pescatori, che hanno il permesso di pescare nell’area marina protetta utilizzano reti dalle maglie larghe, studiate dall’Università del Salento. Il risultato è eccezionale: esemplari di pesce adulto dal peso notevole vengono pescati e  venduti ai ristoranti di qualità ad un prezzo di gran lunga superiore al pescato normale. Qui le cernie muoiono di vecchiaia e la riserva di Torre Guaceto è tra le più pescose d’Italia. Inizialmente sia gli agricoltori che i pescatori erano contrari all’istituzione del parco e dell’area marina protetta. Oggi hanno chiesto di estendere le zone!”

“Natura, centro storico, tradizioni: abbiamo tutte le carte in regola per attrarre sempre più turisti sia italiani che stranieri. Il nostro compito è di far conoscere sempre di più queste grandi risorse del nostro territorio e attrarre i turisti non solo l’estate, ma anche in bassa stagione”, dice il sindaco di Carovigno, Carmine Brandi.

Spiega Annamaria Petrosillo, consigliera delegata al turismo: “Il nuovo brand che presenteremo per la prima volta alla Bit di Milano è Terra delle Torri, con riferimento alle Torri costiere che si elevano lungo tutta la nostra costa, dove la scogliera bassa si alterna a meravigliose calette. Ad appena sei chilometri dal mare magnifico è il centro storico di Carovigno, interessato da un intervento di recupero che sarà ultimato in dicembre, con un imponente castello di proprietà pubblica, ben conservato. Carovigno inoltre si caratterizza per la tradizione degli sbandieratori”.

L’ABBAZIA DI SANTA MARIA DI CERRATE. Senza lasciare la costa adriatica e scendendo verso Sud prima di arrivare a Lecce, una tappa obbligata è l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate, affidata dalla Provincia al FAI. Ci si arriva imboccando dalla superstrada l’uscita Squinzano-Trepuzzi. Qui il Salento del monachesimo di mille anni fa si mostra in tutto il suo splendore.

Dice Loretta Martella, responsabile Fai per Santa Maria di Cerrate: “Il Fondo Italiano per l’ambiente è impegnato in un’opera di recupero di tutto il complesso monastico che comprende un frantoio ipogeo, un pozzo, restaurato con fondi donati da Prada, la chiesa e un ampio porticato. Ma il Fai non mira solo al recupero strutturale del bene, ma anche a far rivivere tutte quelle attività che erano nate intorno al convento come la raccolta delle olive. Il nostro obiettivo è di fare in modo che i visitatori non restino qui solo per un’ora, ma per un’intera giornata vivendo il turismo d’esperienza legato ad esempio alla cura dell’uliveto o l’aranceto che circonda l’Abbazia”.

ACAYA, LA CITTA’ IDEALE DEL RINASCIMENTO. Facciamo un salto in avanti di quasi cinque secoli e arriviamo ad Acaya, piccola frazione di Vernole, che conta appena 500 abitanti.  E’ la città ideale del Rinascimento, quando l’Uomo divenne misura di tutte le cose.

Spiega  il professore Antonio Monte, dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali – Cnr di Lecce, uno dei massimi studiosi della città: “Il borgo e il castello vennero realizzati da Giangiacomo dell’Acaya, l’architetto miliare di Carlo V cui si devono altri capolavori dell’arte militare come il Castello Carlo V a Lecce e Sant’Eremo a Napoli. Acaya doveva essere la sua dimora e lui la realizzò seguendo i multipli del 3. Vi sono infatti tre piazze e sei vie perfettamente perpendicolari l’una alle altre. Unica è la sala ennagonale all’interno del castello che era la sala di rappresentanza della famiglia di Giangiacomo”.

Il castello ospita oggi una ricca mostra sui reperti archeologici rinvenuti durante la campagna di scavi a Roca, un sito archeologico sul mare, dal titolo Roca nel Mediterraneo. L’esposizione da temporanea si è trasformata in permanente per il grande successo che ha riscosso. L’archeologa Oronzina Malecore sarà per voi una guida speciale perché è anche la curatrice della mostra, firmata dell’Istituto di culture mediterranee, diretto da Gigi De Luca.

SANTA CESAREA TERME, IL TURISMO DEL BENESSERE. Ma non c’è solo il Salento dei monumenti e dei siti archeologici: vi è anche il Salento del benessere e Santa Cesarea Terme con il suo moderno Centro è un fiore all’occhiello. Oltre alle cure classiche come i fanghi e le inalazioni con l’eccezionale acqua sulfurea, si possono fare vari trattamenti come la maschera viso al miele e negroamaro, seguita da rilassanti massaggi.

Dice il sindaco Pasquale Bleve: “Oltre a un mare splendido, un centro storico dall’incomparabile fascino e la pineta che fa da cornice, le Terme sono il nostro gioiello. Si è appena conclusa una stagione turistica molto positiva dove sono arrivati anche turisti stranieri. Intendiamo far conoscere sempre di più all’Italia e al mondo intero la bellezza di Santa Cesarea Terme, la cui acqua è stata definita dal Daily Sun come la migliore in Europa!”.

Spiega Rocco Bleve, presidente delle Terme SpA partecipate da Comune e Regione Puglia: “Anche il Centro benessere con i suoi massaggi, idromassaggi, maschere viso e corpo risponde non solo all’esigenza di benessere sempre più diffusa tra i nostri clienti, ma anche e soprattutto all’esigenza di curare determinate malattie. L’acqua sulfurea è particolarmente indicata per le malattie della pelle come la psoriasi. Anche i trattamenti benessere quindi richiedono la prescrizione del medico e il controllo dei nostri specialisti perché viene utlizzata l’acqua curativa sulfurea”.

Tra una partita di golf, un grande centro benessere a disposizione degli ospiti e buona tavola ispirata rigorosamente ai sapori del Salento, il relax è di casa nell’Acaya Golf Club dove incontriamo il direttore Claudio Oliva:

“Ampie camere, straordinaria gastronomia a chilometro zero,  un grande campo da golf rendono Acaya Golf Club una proposta unica nel panorama delle strutture ricettive pugliesi”.

CASTRO E LA STATUA DELLA DEA MINERVA. L’offerta turistica di tutto il Salento si arricchisce con un ritrovamento eccezionale: la statua della Dea Minerva a Castro, che scrive una nuova pagina di storia di tutto il mondo antico. Sulle orme di Virgilio che descrisse l’approdo di Enea sulle coste italiche nel III Libro dell’Eneide, il professore Francesco D’Andria, archeologo di fama internazionale ha scoperto il tempio della Dea Minerva e il busto della statua dedicata alla Dea. “Siamo al centro del Mediterraneo”, spiega il professore D’Andria, “e Castro era un emporio con un importante porto dove avvenivano scambi commerciali e culturali all’ombra del grande tempio dedicato alla Dea Minerva, che venne realizzato dai Tarantini in terra messapica. Il Tempio stava a proteggere i trattati commerciali e i contratti, ma è anche l’affermazione della potenza di Taranto. Infatti, sebbene non sia stato ancora ritrovato il capo,  la Dea Minerva è una dea con il cappello frigio come del resto viene raffigurata nella statuina in bronzo, alta poco più di dieci centimetri, che abbiamo recuperato nel 2008. Quello che scrive Virgilio nell’Eneide è tutto inventato: serviva per dare nobili origini alla fondazione di Roma. Ma Virgilio come il resto del mondo antico conosceva Castro e la descrive con versi di elevata elegia nell’Eneide”.

Il tempio sorgeva sull’arcopoli di Castro che i compagni di Enea vedevano dal mare. Questo eccezionale ritrovamento è avvenuto quasi per caso nel 2007: si scavava per le condutture della fogna, quando emersero antichi reperti. I lavori, grazie anche all’intervento di Luigi Capraro, allora assessore e archeologo allievo di D’Andria, furono subito bloccati con l’apertura del cantiere di scavo che ha riportato alla luce le più alte mura delle città messapiche giunte in perfetto stato di conservazione fino a noi.

Il busto della Dea, alto n metro e dieci, è stato ritrovato coperto da un lastrone, come se a lei fosse stata dedicata una sepoltura da parte di chi voleva disfarsene, ma non voleva distruggerla per un certo timore reverenziale. “Quando l’abbiamo trovata, abbiamo toccato il cielo con un dito”, raccontano Emanuele Ciullo e Amedeo Galati, i giovani archeologi che lavorano sul cantiere di cui il professore D’Andria è il responsabile scientifico.

CASTRO E LA GROTTA ZINZULUSA. Grazie al ritrovamento della Statua di Minerva, anche nella Grotta Zinzulusa si è registrato un incremento di visitatori. E’ una tappa irrinunciabile di una vacanza tutta salentina. La Grotta Zinzulusa si trova a Castro e prende il nome dal dialetto zinzulu: come tanti stracci le stalattiti pendono dal soffitto, assumendo le forme più strane. La grotta è abitata sin dalla preistoria dai Gamberi ciechi in un laghetto buio e da spugne che vivono solo qui.  Stalattiti e stalagminti hanno dato vita a forme fantastiche come il Duomo e la Torre di Pisa. Richiamano ogni anno migliaia di turisti.

SANTA MARIA AL BAGNO, IL NUOVO ACQUARIO. Il mondo del mare è da quest’anno in mostra nel nuovo acquario di Santa Maria al Bagno, marina di Nardò, sulle sponde joniche. E’ stato realizzato con fondi Interreg Italia Grecia. Il suo gemello si trova infatti a Cefalonia. Sono state selezionate cento specie di pesci diversi del Mediterraneo, mentre il progetto è partito dal basso: prima di realizzare l’acquario infatti sono stati somministrati 1.200 questionari a turisti, studenti e gente comune per capire che cosa avevano interesse a vedere. L’èquipe di studiosi è stata guidata dal professore Gianuario Belmonte dell’Università del Salento: Marcello Posi, biologo, ha curato la grafica e l’allestimento dell’acquario, Francesco De Nitto i contenuti.

“Realizzeremo un polo museale unico”, spiega l’assessore alla cultura e alle politiche comunitarie Mino Natalizio, “all’acquario e al museo dell’accoglienza di Santa Maria al Bagno si aggiungeranno presto i Musei della Nardò preistorica con i reperti rinvenuti a Portoselvaggio e Torre Uluzzo e la Nardò Messapica e Romana”.

IL MUSEO DELL’ACCOGLIENZA DI SANTA MARIA AL BAGNO. Tra una passeggiata a Portoselvaggio per godere di un panorama mozzafiato e una visita al centro storico, l’offerta turistica di Nardò è quanto mai ricca. Una tappa irrinunciabile è il museo dell’accoglienza di Santa Maria al Bagno dove si racconta dei profughi ebrei, che, liberati dai campi di concentramento, dopo la Seconda Guerra Mondiale, vennero accolti a Santa Maria al Bagno prima di raggiungere la Terra PROMESSA. A raccontarci la storia è stata la dottoressa Giuseppina Cacudi, dirigente del Comune di Nardò.

“Il turismo aumenta sempre di più nel nostro territorio”, spiega l’assessore al turismo, Maurizio Leuzzi. “Mare, natura, centro storico barocco sono abbracciati da un’immensa distesa di uliveti secolari e vigneti, fattori che costituiscono un grande richiamo per i turisti sia italiani che stranieri”.

PORTO CESAREO E LA DARSENA. Nardò confina con Porto Cesareo dagli indimenticabili tramonti. Anche in pieno inverno si può fare un giro in barca partendo dalla Darsena Riviera di Ponente, mentre il sole tinge di rosa e di rosso il cielo e il mare.

Dice Antimo Peluso: “La Darsena è stata fondata quasi per gioco da mio padre che faceva il pescatore. Alcuni amici di Lecce gli chiesero se potevano lasciargli in custodia le proprie barche. Lui disse di sì. Allora non c’erano neanche i pontili. Poi è stato tutto un fiorire di servizi: ampio parcheggio, custodia notturna, rimessaggio invernale delle barche, manutenzione, rifornimento di carburante… La nostra darsena è oggi un fiore all’occhiello di Porto Cesareo, i cui tramonti sono veramente spettacolari”.

I TRAMONTI DI PORTO CESAREO RICORDANO IL COLORE DEI VINI DEL SALENTO. Dal cielo infuocato del tramonto ai rossi  e rosati vini di negroamaro a Guagnano  capitale delle Terre del Negroamaro, dove ben 8 cantine su appena 6mila abitanti esportano il buon vino di negroamaro in tutto il mondo.

“Se a Porto Cesareo c’è l’azzurro mare, noi abbiamo a Guagnano il mare verde dei vigneti che rappresentano la nostra ricchezza non solo per la produzione del vino, noto ormai in tutto il mondo, ma anche per lo sviluppo turistico del territorio, grazie ai paesaggi e alle cantine delle Terre del Negroamaro, di cui Guagnano è la capitale”, dice il sindaco Fernando Leone.

A sorpresa è arrivato anche l’assessore al turismo del Comune di Taranto, Mino Ianne, che è originario di Guagnano: “Una terra ricca, ricca di uno straordinario vino il cui nome rappresenta già la fusione di due culture: quella latina e quella greca perché negroamaro viene dal latino niger che significa nero e maros che significa sempre nero. Quindi è un vino nero-nero. Da piccolo facevo la vendemmia con i miei ed era una grande festa”.

Qui la creatività è giovane.

La giornalista Valentina Perrone ha appena scritto un libro sullo stile di vita salentino intrecciato con storie di violenza e di coraggio delle donne. Si intitola Caffè in ghiaccio con latte di mandorla, la bevanda tipica del Salento: il caffè caldo viene gettato in un bicchiere pieno di ghiaccio e poi zuccherato con latte di mandorla.

“La mia passione è scrivere”, dice la giornalista Valentina Perrone, collaboratrice del Quotidiano di Lecce e Affaritaliani.it, “accarezzavo da tempo l’idea di realizzare un libro. Oggi sono agli esordi con questo mio primo lavoro: una raccolta di undici racconti intorno a un caffè con storie di donne che hanno il coraggio di affrontare la vita quotidiana”. Prima presentazione a Lecce nella Fondazione Palmieri il 25 novembre.

I vini di negroamaro diventano il colore di originali dipinti firmati da Arianna Greco.

“La mia passione è nata per amore”, dice l’artista. “Stavo con un uomo che commerciava vini. Così ho iniziato ad usarli per i miei quadri: dal Barbera al Negroamaro. I quadri invecchiano come il vino, come il ritratto di Dorian Gray”.

E c’è chi fa i primi passi nel mondo dell’arte.

“Mi piace usare tante tecniche differenti, ma l’elemento principe deve essere il colore” spiega Federica Modugno.

Musica ad altissimi livelli con il maestro Giampiero Perrone, che ha da poco pubblicato un cd con brani firmati da lui:

“Da anni con l’Ensemble Tito Schipa amo proporre i grandi della canzone salentina come Tito Schipa, Nicola Arigliano e Domenico Modugno. Oggi sono riuscito a realizzare il cd con brani inediti composti da me. La raccolta, prende il titolo da una canzone di Domenico Modugno: Note di luna calante. L’ho registrata in luglio, ma non è ancora completa. Ecco perché c’è il sottotitolo work in progress…”

Il negroamaro dà vini di spessore divenuti ormai famosi in tutto il mondo. “Ma io dico sempre: per bere c’è l’acqua. Non bisogna mai esagerare a meno che non si sceglie un vino da meditazione e davanti ad un bel camino acceso ci si lascia andare ai buoni bicchieri di negroamaro, un vino unico al mondo!”, dice il sommelier Vincenzo Leuci.

L’azzurro mare, dipinto dal tramonto, si fonde con il verde dei vigneti di negroamaro.

Spettacolari tramonti, fiumi di vino e gioia, paesaggi mozzafiato, il Salento attrae anche in pieno inverno con mille e uno tesori intorno all’aeroporto di Brindisi, mille e una ragione per ritornare.